Si spende sempre di più …

Gli italiani sempre più in affanno per la cura della salute e per le prestazioni diagnostiche

Eurispes riporta che un italiano su quattro non riesce ad accedere alla diagnostica, come all’intervento medico per i costi di una Sanità privatizzata di fatto. Il 2022 sarà ricordato come l’anno della caduta del sistema. E si prende il parametro del 2019 per le valutazioni di una tendenza che era già in caduta libera da dieci anni. Quanto rilevato dal precedente anno per il servizio sanitario mette in apprensione. La soddisfazione degli utenti si è ulteriormente abbassata. L’andamento non può che confermarsi anche per l’anno in corso. Insieme ad Eurispes Rapporto sul Sistema Sanitario è stata realizzato anche da Enpam.

Facendo sempre il confronto con l’anno spartiacque – perché non ancora toccato dalla pandemia – la quota del Pil riservata alla Sanità era scesa al 6,2%, alla quale i cittadini aggiungevano un 2,2% di spesa diretta. “Ma dopo il triennio “straordinario” – nel report – che ha visto appostare le risorse necessarie per affrontare la pandemia e la campagna di vaccinazioni con l’ultima Legge di stabilità la quota del Pil riservata al Ssn è tornata a scendere, tendendo a quel minimo storico collocato intorno al 6%”.

Tutto questo in un quadro di progressiva diminuzione di investimento pubblico nella Sanità. Quindi se nel decennio 2010-2020 sono stati tagliati 37 miliardi di euro (venticinque miliardi solo nel quinquennio 2010-2015), ne hanno sofferto medici e infermieri che non hanno avuto turn-over per il blocco delle assunzioni.

IL cosiddetto termometro della salute mostra la linea verso l’allarme rosso specialmente al Sud d’Italia dove la percentuale delle persone in difficoltà arriva al 28,5% arrivando al 30,5% nelle isole. Rinunciano proprio alle prestazioni uno su tre. Causa: indisponibilità delle strutture sanitarie e liste di attesa.

Quaranta miliardi è il costo che gli italiani debbono sostenere per il pagamento del ticket, pari al due per cento del Prodotto interno lordo.

Ma è anche vero che i dati sono incoerenti nei diversi governi territoriali della Sanità. In Lombardia, infatti, c’è un saldo positivo di 809 milioni di euro, in Calabria un deficit di 302 milioni. Questo è anche l’effetto della cosiddetta migrazione sanitaria dal Sud al Nord per avere prestazioni in sicurezza.

Si guarda alle cosiddette Case di comunità per dare una risposta sociale. Una volta insediate dovrebbero dare una concentrazione territoriale pari a una struttura ogni 42mila abitati. Il progetto dell’Enpam è quello di “consentire ai medici di base di aggregarsi in studi più strutturati, organizzati e attrezzati, pur continuando a garantire una presenza realmente capillare e flessibile sul territorio”. Ogni studio con attrezzatura avanzata come telemedicina, ma non si affronta sistematicamente il problema della diagnostica per immagini legata ad altra configurazione organizzativa della Sanità pubblico-privata.