Ematologia, un modello per la Sanità

Se n’è discusso al convegno al Senato organizzato dall’Osservatorio Sanità e Salute

Guardano alla storia delle terapie delle malattie del sangue si può trarre un modello per la Sanità. La cura nell’ematologia in questi quaranta anni ha guardato all’assistenza come base primaria, alla terapia fatta in casa, all’aiuto psicologico trattandosi di un lungo percorso, ma soprattutto di evoluzione e crescita nelle conoscenze attraverso il potenziamento della rete reso possibile con le associazioni di volontariato. In ultimo, ma solo seguendo l’ordine lineare del tempo, l’affermazione della tecnologia, della capacità di computare le interconnessioni, del calcolo probabilità.

Aspetti diversi della ricerca affrontati al convegno organizzato in Senato giovedì 19 gennaio. Trentatremila, i nuovi casi ogni anno, in Italia. È la cifra del problema delle malattie relative al sangue. Lla premessa di Stefano Vella, coordinatore scientifico del convegno ‘Curare le Malattie del Sangue’, promosso dalla Fondazione Gimema ha evidenziato che solo ad inizio anni Ottanta un bambino con la leucemia era destinato a morte sicura. Oggi il 90% dei casi è curabile con varie metodologie.

A introdurre è Giuseppe Toro, presidente nazionale Ail. “Ricerca e qualità della cura debbono andare in coerenza perché l’uno è a sostegno dell’altra”. La presidentessa dell’area di Roma, Maria Luisa Rossi Viganò, ricorda l’impegno di Franco Mandelli che ha inventato l’assistenza medico domiciliare per le malattie ematiche. “Curare a casa un paziente- ha detto Viganò- costa un quarto rispetto l’assistenza ospedaliera. Quest’anno abbiamo impiantato l’assistenza telematica perché il medico sia sempre a disposizione, pur fisicamente lontano”.

“Curare significa prendersi cura ed inglese significa, con ‘to cure’, guarire. Quaranta anni di ricerca consentono oggi di guarire come prospettiva realistica della cura della malattia ematica. Da questa visione degli ematologi italiani degli anni Ottanta, nomi che e sono passati oggi alla storia come Franco Mandelli, ha preso vita una comunità ematologica italiana caratterizzata da una forte spinta alla collaborazione. Una collaborazione intesa come condivisa elaborazione di progetti e valutazione dei risultati, con l’obiettivo di disegnare sempre nuove strade, in cui ognuno dava il suo contributo, e ottenere la guarigione della leucemia, del linfoma, o la remissione della malattia che consenta ai pazienti di vivere a lungo e bene.

Dunque, la chiave del successo è stata la collaborazione, a livello nazionale e internazionale” e consiste in questo l’aspetto saliente da rilevare in questa fase, secondo Marco Vignetti, Presidente della Fondazione Gimema. Oggi abbiamo infatti la rete delle specializzazioni che ha realizzato Gimema e il grande lavoro di Mandelli. In questa operatività c’è il grande lavoro dell’Ail: ricercatori, volontari e farmaci- ha continuato Vignetti nella spiegazione dei grandi risultati in questi quarant’anni.

“Gimema costituisce la rete nazionale che fornisce supporto e assistenza alle unità ospedaliere nel paese che presentano il limite di essere in competizione tra loro”, ha affermato sempre Vignetti.  Da qui si chiede attenzione per la ripartizione di risorse in campo medico, ma soprattutto viene offerto un modello di Sanità efficiente.