Accesso vascolare, proposta sulle linee guida

IL documento è stato presentato a Palazzo Valentini a Roma il 4 dicembre e si pone come base di confronto per tutti gli specialisti

Un team di esperti per una pratica delicata ma sottovalutata. L’accesso vascolare fa parte integrante di una miriade di trattamenti terapeutici e di cura, ma la sua applicazione non è regolamentata. E allora bisogna capire qual è l’accesso venoso più opportuno.

Fare questo è possibile solo con un team di esperti. Sia che si tratti di terapie endovenose che di terapie oncologiche ma anche per nutrizione parentale, la somministrazione di una cannula non può essere lasciato solo ad un tipo di specialista. Le proposte per il rinnovamento dei protocolli di somministrazione dei modi di accedere alle vie venose periferiche o centrali sono scritte in un documento di più di cento pagine. Chiaramente anche la sua stesura è stata effettuata con diverse competenze.

Presentato nella sede della Città Metropolitana di Roma, a Palazzo Valentini, il pomeriggio del 4 dicembre, il testo scritto dai diversi specialisti vede come primi relatori Roberto Verna, del dipartimento di Medicina Sperimentale presso La Sapienza, che ha evidenziato come la fase di accesso ai nessi venosi debba consistere in un meccanismo perfetto dove si adotti per la scelta derivata dalla valutazione di diverse competenze. Baudolino Mussa, del dipartimento di Scienze Chirurgiche presso l’Ospedale Molinette di Torino, sottolinea che deve esserci uno specifico accesso vascolare per ogni tipo di interventistica terapeutica. Fabio Conti, cardiologo del Policlinico Tor Vergata di Roma, espone il dato di un morto su quattro per le conseguenze di un infezione dovuta a complicanze determinate dal catetere sia un dato impressionante che insieme all’altro dato di trentatre milioni di cateteri venosi periferici impiantati ogni anno in Italia, rende l’approvazione di un protocollo preciso di azione una questione stringente. I dati evidenziano la necessità di una regolamentazione. Ed è per questo che un team multidisciplinare sia un dovere che ogni struttura sanitaria debba affrontare, ha evidenziato Lara Tollapi – dirigente medico di Terapia del dolore presso La Pisana –  perché c’è bisogno di più competenze per scongiurare il sopraggiungere di complicanze.

Nella stesura del documento si è partiti dalle raccomandazioni internazionali. Ed ora si muove con un documento emendabile per arrivare a un codice di prassi ospedaliera e ambulatoriale nell’uso di cateteri e in ogni altra forma di accesso vascolare.

Ora si pone all’attenzione di ogni specialista del sistema sanitario. Vuole diventare al più presto un vademecum che qualsiasi organizzazione sanitaria in Italia debba adottare. I sistemi di cura sempre più si avvalgono di  sistemi di accesso vascolare ed anche per questa pratica c’è bisogno di criteri di “appropriatezza”.

Sbagliare, sottovalutare gli effetti di una pratica medica che, solo in Italia, coinvolge ottocentomila persone l’anno comporta l’insorgere di flebiti, trombosi, infezioni, aritmie, embolie, lesioni nervose. Una metodica che non può esser sottovalutata. Eppure per questa costante applicazione, in Italia oggi ancora si sconta personale poco professionalizzato. “L’Osservatorio Sanità e Salute – spiega il presidente Senatore Cesare Cursi – in ottemperanza alle nuove disposizioni emanate dalla legge Gelli sulla responsabilità professionale del personale sanitario, ha voluto analizzare le Linee Guida Internazionali per evidenziare l’appropriatezza dell’uso di dispositivi medici”.

E alla fine della rilettura globale e specifica del documento, l’ardua sentenza spetta al Ministero della Salute e all’Istituto superiore di sanità.