Epatite c e coinfenzioni HCV e HIV

Il convegno organizzato dall’Osservatorio sanità e salute, alla Biblioteca del Senato, 31 marzo 2016

 

 

In pochi anni lo scenario di cura per le malattie virali del fegato ha conosciuto un progresso fortissimo. L’epatite c può essere eradicata con una terapia. Era una malattia che negli anni Settanta era ancora misteriosa. Roberto Cadua, infettivologo dell’Università del Sacro Cuore parla esplicitamente di alleanza tra branche della medicina. Ma una parola importante è richiesta agli economisti in tema di cure troppo costose – come ha sottolineato Andrea Ridolfi, moderatore a nome dell’Osservatorio sanità e salute che ha organizzato il convegno.

Carlo Federico Perno, ordinario di virologia a Tor Vergata, ha evidenziato che i virus rappresentano la prima causa di tumori. Bloccando il virus si blocca il tumore o meglio la sua possibilità. Abbiamo la possibilità di guarire dall’epatite c fermando la degenerazione tumorale. Non si trasmettono tumori bensì virus che possono degenerare in tumore. Il cancro del fegato è la terza causa di morte per tumore. Ancor maggiore è l’emergenza di prevenirne l’insorgenza.

Sempre Perno evidenzia che i farmaci disponibili e le loro combinazioni deve essere ancora meglio approfondita. Eppure risultati importanti già sono stati ottenuti. La ricerca deve ancora meglio sondare i pazienti per tipogie ma anche saper abbinare meglio i farmaci.

Gloria Faliani, ordinario di malattie infettive all’università La Sapienza, concentra il suo intervento sul virus che determina causalmente lo stato degenerativo del fegato ma anche di altri organi come il rene. In uno studio emerge come la presenza di comparabilità rilevanti arriva alle patologie cardio vascolari.

La presenza di HCV è un perturbatore dell’organismo in genere essendo causa diretta e indiretta di tumori. Quindi è associato al fegato ma si associa a diverse patologie nell’organismo. Questi virus conoscono diverse combinazioni, tra di loro, e insieme l’insorgere di diverse patologie che partono dal fegato. È l’ impostazione di Giovanni Squadrito, docente di gastroenterologia a Messina. Un grande fattore di diffusione consiste anche nell’immigrazione. 

Andrea Antinori, direttore dello Spallanzani di Roma, guarda al rapporto tra diverse patologie virali e relativi trattamenti. La terapia anti-retrovirali non è in grado di inibire definitivamente ogni patologia epatica. La co-infezione è un forte acceleratore per il sopraggiungere della morte. 

Sempre Antinori ritiene non avere più gran senso la divisione per tipologie di provenienza della malattia epatica laddove sia acclarata la sua presenza. I dati di aderenza del trattamenti

sono molto soddisfacenti alla remissione della malattia.

Da parte del ministero, Raniero Guerra, direttore generale del settore previdenza, entra nella questione centrale del fondo sanitario che si muove su limiti ben precisi. Il problema è sui criteri sui quali stabilire la somministrazione dei sistemi di cura. Come decidere come intervenire? Allo stato iniziale, centrale o terminale? 

L’ignoranza sull’esposizione a fattori di rischio non aiuta la politica di prevenzione. 

Il ruolo che il ministero deve svolgere è quello di mediazione trea richieste che arrivano dalla ricerca ma anche da altre pressioni. L’evidenza scientifica è un pezzo iniziale, non quello finale.

Secondo Guerra le modalità e i tempi di intervento debbono essere wuanto più veloci e tempestive sull’insorgenza dell’epatite c e le co-infezioni HCV HIV. 

Marco Bartoli, responsabile dell’Osservatorio per l’accesso al farmaco, lamenta il fatto che in paesi come Portogallo e Spagna il farmaco che cura è maggiormente a disposizione. I fattori di scelta sono determinati da criteri sociali ma anche clinici.

Sulla distribuzione dei farmaci in relazione al loro costo si sofferma anche Anna Rita Ciccaglione, dell’Istituto superiore di sanità.

L’infezione da HCV è un’epidemia silente perché in molti cadi c’è il contagio in modo inconsapevole. Il numero degli infetti in Italia non è noto. Il sistema di sorveglianza ci consente di controllare dove, come e nel tempo. C’è lo 0,2 per cento di casi, laddove nel 2001 erano il 2.

Rafforzate i sistemi di sorveglianza, quindi, consiste nella soluzione politica decisiva.

Il gol consiste nel trattare tutti i pazienti contagiati dal virus. Sono le conclusioni di Gian Ludovico Rapaccini che ha moderato il dibattito. Roberto Cauda, docente del Sacro Cuore e infettivologo del Gemelli, sempre nelle conclusioni, richiama alla realtà sempre minore dei casi gravissimi. Non ci sono più per decessi ma anche per guarigioni o non progressione degenerativa della malattia.